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Fashion Revolution Day 2014: una giornata per sostenere la moda etica

Il prossimo 24 aprile, all’anniversario del crollo del Rana Plaza in Bangladesh, avverrà il primo Fashion Revolution Day, giornata dedicata ad una maggiore consapevolezza su chi e come ha prodotto i capi d’abbigliamento che indossiamo.

Il Fashion Revolution Day, fissato per il prossimo 24 Aprile, è stato istituito in occasione dell’anniversario della tragedia che l’anno scorso ha messo il Bangladesh sotto i riflettori, e reso tristemente popolare il suo ruolo manifatturiero per le aziende di moda. Si tratta del crollo di un palazzo e la morte di oltre mille lavoratori. L’ immobile, il Rana Plaza, ospitava dei laboratori tessili che lavoravano per marchi d’abbigliamento internazionali, tra cui Benetton. Il Bangladesh è infatti una delle prime scelte per aziende che cercano un buon compromesso tra costi e qualità della manifattura, tra le aziende che maggiormente producono in questo Paese troviamo H&M ed il gruppo Inditex che comprende marchi come Zara, Bershka ed Oysho.

Il caso ha concentrato l’interesse dei media, puntando così l’attenzione sul tema dell’etica nell’industria della moda. Crolli di questo genere, anche se di entità minore, avvengono di frequente in Bangladesh e in molti altri paesi, ma solitamente non se ne parla.

Il Fashion Revolution Day vuole spingere le persone alla consapevolezza, sperando che in questo modo anche le aziende aumentino i controlli ed abbiano piena coscienza della propria supply chain e dei suoi risvolti. E’ un ricordo amaro, che focalizza l’attenzione sul lato oscuro del sistema della moda, ma che si proietta sul cambiamento e quindi su un futuro più etico e positivo. Questa giornata vuole concentrarsi sulla positività della produzione dei capi di moda, in quanto portatrice di lavoro e beneficio alle popolazioni che vengono coinvolte. Il prossimo 24 aprile prepariamoci a celebrare il Fashion Revolution Day indossando i capi d’abbigliamento al contrario, con le etichette in vista, in modo da sapere con certezza dove sono stati prodotti i capi che indossiamo. Questa singolare iniziativa trova la sua ragion d’essere nel fatto che i consumatori  spesso non conoscono il viaggio fatto dai capi che comprano prima di essere esposti sugli scaffali dei negozi.

E allora, Who Made Your Clothes?

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Via | The Guardian

Foto | Facebook

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