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Dead Meat

La stessa storia usata molte altre volte per raccontare situazioni simili. Un paio di ragazzi giovani e intraprendenti si confrontano e danno vita a un idea, che diverrà un progetto, che diverrà un brand! La trama è la stessa di tutte le altre, fatta eccezione forse per soggetto e linguaggio.
Dead Meat significa Dead Meat.
Non sarebbe corretto affermare che in realtà si riferisce al titolo del racconto di William S. Burroughs; è più coerente dire che, per quei tempi, si trattava solo di un suono. Solamente alcuni mesi più tardi Dead Meat è diventato il reale oggetto de “Il pasto nudo”. Può sembrare stupido, ma la verità è che in generale nell’arte, e ancor più quando la moda si ispira all’arte, le cose sono quasi totalmente prive di concettuali punti di vista, anzi regna sovrana una porta aperta immaginaria che giustifica tutte le interpretazioni.
Grazie al contesto prolifico di San Francisco, al movimento Beat e all’influenza di Kerouac, nasce “Il pasto nudo”, interpretato come un gelido e triste passaggio in cui tu commensale capisci che ciò che in realtà è sollevato dalla tua forchetta altro non è che materia nuda. E qui viene chiamata in causa la società americana, la droga amniotica a cui la televisione sottopone tutti quanti. La televisione rende il popolo passivo, le persone sono influenzate dai media, loro mangiano e metabolizzano determinati contenuti mediatici esattamente come fanno con un pezzo di carne morta. La verità è che quando si mangia non si pensa, si mangia perché si ha fame e perché bisogna soddisfare i propri bisogni. Stop. Dead Meat.