
La legge francese contro la fast fashion: obiettivi e misure (www.fashionblog.it)
Si prepara a una svolta significativa nella lotta contro l’inquinamento di ritorno generato dal settore della fast fashion.
Martedì scorso, il Senato francese ha approvato con una maggioranza schiacciante un disegno di legge che mira a frenare l’impatto ambientale delle aziende di moda low cost, con l’introduzione delle prime eco tasse rivolte principalmente ai colossi asiatici come Shein e Temu.
Con 337 voti favorevoli e solo uno contrario, il provvedimento rappresenta un passo importante nella regolamentazione di un settore che in Francia cresce rapidamente e contribuisce in modo rilevante all’aumento dei rifiuti tessili. Il disegno di legge, già esaminato dall’Assemblea nazionale nel marzo 2024, dovrà ora essere vagliato da una commissione mista di senatori e deputati prevista per settembre. Successivamente, sarà necessario ottenere il via libera dalla Commissione Europea per garantirne la conformità con le normative comunitarie.
Agnès Pannier-Runacher, ministra della Transizione ecologica, ha definito la misura “un segnale forte per le imprese e per i consumatori”, sottolineando l’importanza di ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile. Anne-Cécile Violland, deputata e prima firmataria del provvedimento, ha ribadito che l’obiettivo è proprio quello di frenare il modello consumistico e insostenibile promosso dall’ultra fast fashion.
Secondo i dati forniti dall’agenzia ambientale Ademe, in Francia ogni anno vengono immessi sul mercato circa 48 capi di abbigliamento per ogni abitante, mentre ogni secondo si buttano 35 capi. Questo modello di iperconsumo danneggia l’ambiente, favorisce acquisti compulsivi e mette in crisi le imprese tessili locali.
Target prioritario: Shein e Temu nel mirino delle eco tasse
Il Senato ha modificato il testo per colpire in particolare le piattaforme asiatiche più rilevanti come Shein e Temu, escludendo per ora i grandi marchi europei come Zara, H&M e Kiabi. Tuttavia, questi ultimi dovranno comunque rendere trasparenti i dati relativi all’impatto ambientale dei loro prodotti.
Al centro della nuova normativa vi è l’istituzione di un eco-score, un indicatore che valuterà la comunicazione ambientale dei brand di fast fashion. Le aziende con i punteggi più bassi saranno soggette a una tassa che partirà da 5 euro per prodotto nel 2025 e potrà arrivare a 10 euro entro il 2030, con un limite massimo pari al 50% del prezzo del capo.
Il disegno di legge prevede inoltre il divieto di pubblicità per i prodotti appartenenti all’industria della fast fashion e sanzioni per gli influencer che li promuovono. La relatrice del testo, Sylvie Valente Le Hir, ha specificato di non voler gravare economicamente i marchi francesi che contribuiscono all’economia nazionale.
Quentin Ruffat, portavoce di Shein, ha commentato sottolineando che “regolare il fast fashion richiede uno sforzo collettivo, non colpire una singola realtà”, mettendo in guardia sul possibile impatto negativo della legge sul potere d’acquisto dei consumatori francesi. L’Union des Industries Textiles ha accolto la norma come “un primo passo” auspicandone un’adozione rapida, ma evidenziando anche come il testo non soddisfi ancora appieno le aspettative del settore.

Shein è una piattaforma di shopping online molto popolare, che offre una vasta gamma di prodotti, dall’abbigliamento alla moda per la casa, accessori, scarpe, fino a prodotti per animali domestici ed elettronica. L’app di Shein, scaricata da milioni di utenti, si caratterizza per offerte frequenti, spedizioni rapide dall’Europa e servizi come la possibilità di pagare in più rate senza interessi tramite Scalapay.
Nonostante il successo commerciale, Shein è spesso al centro di critiche riguardanti la qualità dei prodotti e pratiche poco trasparenti in materia di sostenibilità ambientale. Negli ultimi mesi, diverse recensioni hanno evidenziato problemi legati al tracciamento delle spedizioni e all’aumento dei prezzi, mettendo in discussione il valore reale offerto ai consumatori.
L’introduzione delle eco tasse e del divieto di pubblicità vuole quindi rappresentare una risposta concreta alle crescenti preoccupazioni sull’impatto ambientale del modello ultra fast fashion, che punta a una produzione e vendita sempre più rapida e a basso costo, ma con costi ambientali elevati.