
La malattia cronica che può rovinarti il sorriso - fashionblog.it
Secondo uno studio coreano, chi ha meno di 20 denti presenta un rischio maggiore di sviluppare malattia renale cronica, indipendentemente da età o stile di vita.
Tra la salute dei denti e quella dei reni esiste un collegamento diretto, non solo ipotizzato ma ora sostenuto da uno studio scientifico. Un’analisi pubblicata sulla rivista Renal Failure ha esaminato il legame tra numero di denti naturali e prevalenza della malattia renale cronica (MRC), basandosi su dati sanitari nazionali della popolazione sudcoreana. I ricercatori hanno osservato che la perdita dei denti non è soltanto un problema locale o estetico, ma può segnalare alterazioni sistemiche importanti, tra cui disfunzioni renali.
Lo studio è stato condotto da Na-Yeong Kim e Ki-Ho Chung dell’Università Nazionale Chonnam, rispettivamente della School of Dentistry e del Dipartimento di Medicina. I due esperti hanno analizzato i dati del Korea National Health and Nutrition Examination Survey, un’indagine che ha coinvolto 16.125 adulti con più di 40 anni, raccolti su un periodo pluriennale. L’obiettivo era chiarire se esistesse una relazione statisticamente significativa tra MRC e stato dentale.
Meno denti, più rischio: cosa dice davvero lo studio
La soglia critica individuata dai ricercatori è quella dei 20 denti: sotto questo numero, la probabilità di sviluppare malattia renale cronica aumenta in modo marcato. I risultati hanno mostrato che tra coloro che possedevano meno di 20 denti, la prevalenza della MRC era più alta del 34% rispetto agli altri, anche tenendo conto di variabili come età, pressione alta, diabete, abitudini di fumo o alcol, e indice di massa corporea.

Non si tratta solo di una correlazione generica. Gli studiosi hanno rilevato che la perdita dentale potrebbe rappresentare un indicatore precoce di compromissione della salute generale, in particolare per i reni. Questo perché le infezioni orali, i processi infiammatori cronici e la cattiva igiene orale possono innescare reazioni sistemiche che coinvolgono anche gli organi escretori. Il fatto che i denti cadano può dunque riflettere molto di più di una cattiva routine odontoiatrica: può essere un segnale di allarme per patologie più ampie.
Un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda la necessità di integrare la salute orale nei protocolli di prevenzione per pazienti a rischio renale. Gli autori propongono, nel loro lavoro, di inserire controlli odontoiatrici regolari nelle linee guida per la gestione della malattia renale, come parte integrante del trattamento.
Implicazioni cliniche e nuove prospettive per la prevenzione
Il dato sorprendente è che questa associazione tra salute dentale e renale rimane valida anche in assenza di altri fattori di rischio noti. Chi perde i denti, secondo questa ricerca, non lo fa solo per età o cattive abitudini: in alcuni casi, potrebbe trattarsi di un sintomo secondario di patologie renali già in atto, magari non ancora diagnosticate.
La perdita dei denti, quindi, andrebbe valutata clinicamente non solo in ambito dentistico, ma anche nefrologico. Gli autori suggeriscono che sia il personale sanitario che i decisori politici dovrebbero considerare la salute della bocca come parte del quadro clinico generale, non una branca separata.
La conclusione del team coreano è chiara: servono nuovi studi su larga scala, per comprendere meglio i meccanismi biologici che legano questi due ambiti. È possibile, ad esempio, che i processi infiammatori cronici legati a gengiviti e parodontiti agiscano da “ponte” verso l’infiammazione sistemica, compromettendo nel tempo la funzione renale.
In attesa di ulteriori ricerche, il messaggio è già operativo: mantenere una buona igiene orale, sottoporsi a visite periodiche e non trascurare la perdita di denti può essere una forma indiretta di protezione anche per i reni.