
La voglia di diventare più alti: si può - www.fashionblog.it
C’è un vecchio detto che dice: “Altezza è mezza bellezza”. Ma siamo proprio certi che sia così? In un mondo apparentemente così perfetto come il nostro, un concetto del genere sembra non bastare.
Non sempre tutti sono d’accordo con questa frase e ad avere il cruccio maggiore sono le donne. Ma c’è la possibilità di poter guadagnare qualche centimetro in più e sono in pochi a saperlo.
La chirurgia può di certo aiutare a passare da 115 a 150 cm? Apparentemente sì, e la storia che stiamo per raccontarvi ne è una testimonianza.
Crescere in altezza si può
Tutti vorrebbero avere qualche centimetro di altezza in più anche per sembrare più belli e più snelli: almeno questo è ciò che sperano tutti. Ma sappiamo bene che essere o meno alti è un qualcosa di genetica e se non lo si è troppo, non bisogna farsene un cruccio. Chi invece vede l’essere non troppo alto come un qualcosa di invalidante, allora cerca soluzioni in tutti i modi.
La storia che stiamo per raccontarvi viene dagli Stati Uniti e narra di una donna alta soltanto 1 metro e 16 centimetri. Lei è diventata un punto di riferimento per migliaia di persone che convivono con l’acondroplasia, la forma più comune di nanismo. Si tratta di una malattia genetica ereditaria che limita la crescita ossea.
Le sue spiacevoli caratteristiche sono la bassa statura, gli arti sproporzionati e una fronte davvero troppo alta. La giovane Chandler, all’età di soli 16 anni, ha deciso di iniziare un percorso operatorio difficile di allungamento degli arti con l’inserimento di dispositivi che consentono di allungare le sue ossa di circa 1 millimetro al giorno.
La storia di chi ce l’ha fatta
Stando al suo decorso post operatorio, lungo e tortuoso, dalla sua originaria altezza di 1.16 cm è arrivata ad essere alta 1.50 cm: un passo notevole. “Con le braccia più lunghe posso occuparmi della mia igiene personale senza difficoltà e guidare senza rischi. Sono conquiste che mi hanno regalato una vera libertà” – spiega la giovane.

“Sto lavorando per dimostrare che ognuno può scegliere come vivere con questa condizione, senza subire passivamente i limiti imposti dal corpo o dalla società” – ha concluso, affermando la nascita della sua associazione no profit che supporta le persone con acondroplasia e altre forme di nanismo, diffondendo la ricerca scientifica in materia quanto anche il supporto in terapie mediche e farmaci.
Un processo, il suo, che potrebbe aiutare tantissime persone che soffrono o che hanno sofferto la sua stessa sorte e che vogliono reagire.