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Fashion news

Report vs Moncler: Lav incontra l’azienda: “Le rassicurazioni di Moncler non ci hanno convinti”

Moncler a confronto con Lav dopo lo scandalo delle piume. L’azienda questo pomeriggio non ha escluso cambiamenti nella produzione e nella sostituzione delle piume, ma non ha fatto alcuna promessa.

14 novembre 2014

Moncler ha incontrato proprio questo pomeriggio i rappresentati LAV, per confrontarsi sullo scandalo delle piume portato alla luce dalla trasmissione di Milena Gabanelli Report. Purtroppo il confronto, che si è tenuto dopo LAV ha fatto un’azione di mass-mailing, causando l’arrivo a Moncler (e altre aziende che utilizzano piume) centinaia di mail da parte di cittadini/consumatori contrari allo sfruttamento delle oche, non ha soddisfatto completamente la lega antivivisezione.

Le rassicurazioni di Moncler sul maggiore monitoraggio dell’utilizzo delle oche non ci hanno convinti. Qualunque sia la filiera di approvvigionamento, alimentare oppure no, le oche subiscono gravi violenze per la spiumatura in vivo, o vengono comunque preventivamente uccise. Mentre non è assolutamente credibile che una produzione industriale di livello mondiale come quella di Moncler possa stare in piedi grazie al reperimento di piume raccolte dopo la naturale muta.

Ha commentato Simone Pavesi, responsabile LAV Moda etica. Gianluca Felicetti, Presidente LAV, ha aggiunto, attraverso un comunicato stampa, le seguenti parole:

Moncler, come ogni altra azienda che utilizza piume, ha la grande opportunità di intraprendere una strada virtuosa per lo sviluppo di politiche commerciali eticamente e ambientalmente sostenibili, che quindi non prevedono l’uso di materiali di origine animale come le piume, come chiedono ormai a gran voce i consumator.

La tavola rotonda era composta da Gianluca Felicetti, Presidente della LAV, e Simone Pavesi, Responsabile LAV Moda etica, e per Moncler, Sergio Buongiovanni, executive director e membro del Consiglio di Amministrazione, Fabrizio Ruffini, senior advisor, Cristina Gnugnoli, marketing e direttore della comunicazione.

(v.r)

Milena Gabanelli risponde a Patrizio Bertelli di Prada: “Non è illegale essere avidi”

11 novembre 2014, 14.20

Botta e risposta tra Patrizio Bertelli e Milena Gabanelli. L’amministratore delegato ha risposto ad alcune domande sul caso Moncler, oggi a Milano, durante il Milano Fashion Global Summit, e si è palesemente schierato contro la trasmissione giornalistica e soprattutto ha attaccato Milena Gabanelli:

La Gabanelli si è dimostrata stupida. Naturale che in un mondo globalizzato un’impresa cerchi risorse produttive con costi più contenuti, per esempio in Ucraina o in Slovenia, e non si può impedirlo in un mercato liberale. Questo non vuol dire che noi dobbiamo fare i carabinieri sui produttori ai quali ci affidiamo. Lo stesso discorso vale per Prato, dove il popolo orientale ha trovato un’opportunità economica e l’ha sfruttata.

Palla alta per Milena Gabanelli, che ha ribattuto alle offese ricordando che sulla testa di Bertelli pende un’inchiesta per un’elusione fiscale 460 milioni :

“Non è illegale andare a produrre dove costa meno, così come non è illegale essere avidi. Dico che quella di Prada è avidità perché parliamo dell’industria del lusso che si fregia del titolo ‘Made in Italy’ producendo invece in Paesi lontani dall’Italia. Posso capire una piccola azienda con un margine di guadagno di pochi euro che decide di delocalizzare per sopravvivenza. Capisco molto meno le aziende che hanno margini di guadagno altissimi come Prada e gli altri marchi che vivono anche sul fatto di vendere capi che usano impropriamente la dicitura Made in Italy”.

(v.r)

Lav smentisce Assopiuma: “In Europa nessuna legge contro spiumaggio da vivi”

10 novembre 2014

La spiumatura in vivo è vietata in Italia. E’ quanto sostiene la LAV, la Lega Antivivisezione italiana, che interviene in merito al caso sollevato dalla trasmissione di RaiTre Report (dopo la quale Stefano Gabbana ha pubblicato un tweet che ha lasciato tutti interdetti!) e da quanto sottolineato nei giorni scorsi da Assopiuma, associazione di categoria del settore.

Nel comunicato stampa reso noto dall’associazione, pubblicato lo scorso 4 novembre, il gruppo scrive:

Conoscendo la pratica del prelievo delle piume da animali vivi, consentita solo con il metodo della spazzolatura durante il periodo della muta, abbiamo segnalato che in Europa esiste una legge (art. 3 Direttiva Comunitaria Europea n.9858/C) che vieta lo spiumaggio da animali vivi con le modalità proposte dal filmato messo in onda; non possiamo negare che casi sporadici si possano ancora verificare, ma sicuramente sono episodi isolati che sfuggono al controllo delle autorità competenti divenuto negli ultimi anni estremamente accurato anche a seguito dell’influenza aviaria…

La LAV, in un altro comunicato stampa, risponde ad Assopiuma, correggendo quelle che l’associazione ritiene delle inesattezze e dichiarazioni che non corrispondono a quanto previsto dalla normativa europea. La LAV ricorda, infatti, che la spazzolatura non è una metodologia obbligatoria per legge, anche se è l’unica indolore certificata dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.

EFSA si è limitata ad elaborare pareri scientifici e consulenza specialistica per fornire un solido fondamento all’attività legislativa e alla definizione delle politiche in Europa e per consentire alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri dell’UE di assumere determinate decisioni. I Pareri EFSA non sono leggi.

La LAV, poi, sostiene che la Direttiva Europea 98/58/CE, che riguarda la Protezione degli animali negli allevamenti, non dispone nessun divieto esplicito di spiumatura di animali vivi e inoltre che il divieto di spiumatura di animali vivi è invece previsto nella normativa italiana, secondo quanto riportato nel Decreto Legislativo 146/2001 (di recepimento della Direttiva UE), al punto 19. Questa, sottolinea la LAV, è stata una grande conquista dell’associazione che difende gli animali:

19. È vietata la bruciatura dei tendini ed il taglio di ali per i volatili e di code per i bovini se non a fini terapeutici certificati. La cauterizzazione dell’abbozzo corneale è ammessa al di sotto delle tre settimane di vita. Il taglio del becco deve essere effettuato nei primi giorni di vita con il solo uso di apparecchiature che riducano al minimo le sofferenze degli animali. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione a condizione che tali operazioni siano effettuate prima del raggiungimento della maturità sessuale da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali. A partire dal 1° gennaio 2004 è vietato l’uso dell’alimentazione forzata per anatre ed oche e la spiumatura di volatili vivi. Le pratiche di cui al presente punto sono effettuate sotto il controllo del medico veterinario dell’azienda.

Simone Pavesi, Responsabile LAV Moda eticamente sostenibile, commenta così lo scandalo sollevato da Report:

Oggi, nella produzione mondiale di piume non c’è alcuna credibile garanzia che le oche non subiscano alcun danno o lesione. Risulta alquanto improbabile che la produzione industriale di piume, per il soddisfacimento delle aziende che ogni anno immettono sul mercato milioni di capi, possa sostenersi con la sola tecnica della spazzolatura e pettinatura e nel solo periodo di naturale muta. La filiera della piuma nasconde molte incertezze sul reale trattamento degli animali, e i soggetti commerciali che basano il loro modello di business su questa forma di sfruttamento animale non sono in tale senso affidabili date le fuorvianti interpretazioni delle scarse normative esistenti a tutela delle oche.

(p.c.)

Milena Gabanelli: “In tribunale produrremo le nostre prove”

4 novembre 2014

Nonostante la replica e la risposta di Moncler alle accuse mosse contro dai giornalisti di Report, il titolo del gruppo di moda va a picco in borsa. Milena Gabanelli, inoltre, non teme le vie legali: ha fatto sapere attraverso l’ansa di avere le prove di quanto affermato durante la trasmissione di domenica sera.

Aggiornamento del 04 novembre 2014 ore 16.10 Continua il botta e risposta tra Moncler e Report, che probabilmente porteranno la questione in tribunale. Moncler, ieri in un comunicato stampa, ha dichiarato di non essere stata ascoltata dai giornalisti di Report. Milena Gabanelli, all’Ansa, ha però replicato nel seguente modo:

Moncler ha deciso di non confrontarsi con Report e alla domanda per iscritto se fosse dotato di qualche certificazione non ha risposto. Com’è visibile dall’etichetta, non sono dotati di alcuna filiera tracciata contro la spiumatura da vivo, come invece fanno altri marchi.

La giornalista, infatti, ha inoltre aggiunto che non ha nessuna intenzione di sottrarsi al confronto, anzi in tribunale con i suoi colleghi, potrà dimostrare la veridicità del suo reportage.

Per quanto riguarda i rincarichi, si evince dai fatturati e dai costi della materia
prima e di confezione che Moncler potrebbe produrre comunque in Italia, tanto più quando è entrato il fondo Carlyle, invece ha preferito chiudere i laboratori nel sud Italia. Se oggi vuole
scagliarsi contro il giornalismo d’inchiesta e portarci in tribunale, lo faccia: non lo temiamo, noi produrremo le nostre di prove.

(v.r)

Via | Report

La replica non serve, il titolo Moncler va a picco il borsa

Aggiornamento del 04 novembre 2014 ore 09.45: nonostante le risposte prontamente fornite da Moncler e la replica alle accuse che sono state mosse contro il brand da parte dei giornalisti della trasmissione televisiva Report di RaiTre, il titolo del marchio di moda ha perso moltissimo in borsa nella giornata di ieri. Il giorno dopo la messa in onda della trasmissione, andata on air nella serata di domenica 2 novembre 2014, il titolo di Moncler ha chiuso a Piazza Affari con una perdita del 4.8 per cento.

Via | Repubblica

(p.c.)

La risposta di Moncler alle accuse

3 novembre 2014, 17.00

È scoppiata una vera e propria guerra tra Moncler e la trasmissione Report, che ieri ha alzato il velo sulla produzione dei famosi piumini: oche maltrattate, per ottenere la famosa piuma con cui imbottire i capi, confezionamenti nell’Est Europa per abbassare i costi della manodopera e rincari vertiginosi. Un vero e proprio scandalo. Dopo un primo comunicato, alquanto scarno, Moncler – sempre sul sito ufficiale – ha voluto puntualizzare alcuni dettagli attraverso una nota aziendale un po’ più lunga, da cui si evince che procederà per vie legali e che non ha avuto modo di controbattere durante la trasmissione.

Per quanto riguarda la produzione, Moncler conferma, come già ha comunicato inascoltata a Report, che produce in Italia e in Europa: in Italia quantità limitate, e in Europa nei luoghi deputati a sostenere la produzione di ingenti volumi con elevato know-how tecnico che garantisca la migliore qualità riconosciuta a Moncler dai consumatori. Moncler non ha mai spostato la produzione come afferma il servizio, visto che da sempre produce anche in Est Europa. In Italia ha mantenuto collaborazioni efficienti con i migliori laboratori.

Poi la questione prezzi, o meglio rincari, che dopo il tema delle povere oche, sembra essere la beffa più grave ai danni dei consumatori:

Per quanto riguarda i ricarichi, il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione. Nei vari Paesi la distribuzione applica poi, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato. È evidente quindi che le cifre menzionate nel servizio, che prendono in considerazione solo una piccola parte del costo complessivo del prodotto, sono del tutto inattendibili e fuorvianti.

Infine, il riferimento alle vie legali, perché ovviamente il servizio di Report ha creato un danno di immagine notevole:

L’azienda ha dato mandato ai propri legali di tutelarsi in tutte le sedi opportune.

(v.r)

Report vs Moncler: l’inchiesta scandalo sulla produzione dei famosi piumini

3 novembre 2014, 13.06

La puntata di Report di domenica 2 novembre ha seriamente messo nei guai Moncler, celeberrima azienda che opera nel settore dei piumini d’oca. I suoi prodotti sono spesso considerati sinonimo di qualità e sono desideratissimi, anche se la maggior parte delle persone non può permetterseli a causa dei prezzi troppo elevati. Ebbene da ieri sera sono molti di meno a desiderare un piumino Moncler, perché Report ha messo in evidenza come il modo di operare dell’azienda italiana sia da biasimare da più punti di vista.

Prima di tutto, per ottenere le piume le oche vengono sottoposte a delle vere e proprie torture (come i nostri colleghi di Ecoblog avevano fatto notare già anni fa), inoltre Report ha evidenziato che in fabbrica le piume vengono mescolate con altro piumaggio di scarsa fattura e a questo si aggiunge che, alla faccia del made in Italy, i prodotti vengono confezionati nei Paesi dell’Est per risparmiare sulla manodopera. Insomma, un prodotto prezzato più di mille euro all’azienda ne costa appena 30. Da quanto fatto vedere dalla trasmissione di Raitre l’azienda sembra non preoccuparsi delle totale mancanza di etica nel suo modo di produrre piumini, e uno dei momenti che ha fatto più scalpore è stato quello in cui uno degli intervistati, che lavora all’estero per Moncler, ha detto:

“Sì, produciamo qui, non ce ne frega un c@… dei lavoratori italiani”

Sui social network si è scatenato un vero e proprio putiferio, tanto che #moncler questa mattina è ancora al primo posto tra i trend topic di Twitter. E se essere in quella posizione e avere così tanta attenzione è un sogno per qualsiasi azienda, in questo caso per Moncler è un vero e proprio incubo perché ha solo un’accezione fortemente negativa.

Sulla pagina Facebook ufficiale di Moncler da ieri sera piovono insulti di qualsiasi tipo. Gli utenti sembrano offesi soprattutto da quella frase che vi abbiamo riportato in alto e che fa certamente molto male in un periodo in cui l’occupazione nel Belpaese è drammaticamente in crisi. Si invita l’azienda al rispetto per i lavoratori italiani e si minaccia il boicottaggio, come potete vedere dallo screenshot qui di seguito (ma sono sono una minima parte dei commenti postati sotto un normale post sulla “giacca del giorno”).

E l’azienda come sta rispondendo a questa vera e propria crisi? Con un comunicato stampa molto scarno pubblicato sul proprio sito ufficiale che vi riportiamo integralmente, accompagnato dall’immagine che vedete in basso:

“Moncler utilizza solo piuma di alta qualità, acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal nostro Codice Etico, al punto 6.4. L’associazione del nome Moncler a pratiche illegali e vietate dal nostro Codice Etico, è impropria. I nostri fornitori di piuma sono tutti basati in Italia, Francia e Nord America”

“Codice Etico” è l’anchor text che porta verso un’altra pagina del sito ufficiale dalla quale si possono scaricare i documenti societari, incluso il codice etico che al punto 6.4 recita testualmente:

“I Fornitori devono altresì garantire il rispetto dei principi a tutela dell’ambiente e degli animali adoperandosi affinchè gli animali siano allevati da personale esperto ed assicurando che gli animali (i) ricevano adeguati quantitativi di acqua e cibo; (ii) vengano alloggiati in sistemazioni che consentano il movimento ed un riparo pulito ed asciutto; (iii) vengano allevati in modo tale da ridurre al minimo i pericoli ed impedire ferimenti od incidenti; (iv) siano tenuti in buono stato di salute, attuando i necessari interventi in caso di segni di sofferenza, malattia o lesioni; (v) vengano trasportati in modo confortevole e con una adeguata ventilazione; (vi) vengano macellati da personale esperto e qualificato, in conformità alla normativa applicabile e comunque nel modo meno doloroso possibile”

Intanto nel web l’indignazione sembra non arrestarsi. Vedremo se gli esperti di comunicazione di Moncler riusciranno a risolvere questa crisi, di certo quelle quattro righe di comunicato non bastano, dopo quello che ha fatto vedere Report servirebbe come minimo un contro-reportage con il quale smentire punto per punto quanto detto dai giornalisti e forse neanche sarebbe sufficiente, considerato che la credibilità dell’azienda è scesa al minimo anche per non aver accettato di parlare con i giornalisti.

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