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Professione consulente d’immagine: Anna Turcato si racconta a Blogo

Una passione per la moda nata da bambina, trasformata poi in professione a servizio di chi vuole sentirsi bene nei propri abiti: la consulente d’immagine e style strategist, Anna Turcato, si racconta

Anna Turcato professione

Sorridente, solare, incredibilmente competente nel suo ruolo di consulente d’immagine, nonché di style strategist, docente di Storia della Moda presso lo IED Istituto Europeo di Design e sì, anche formatrice. Perché si sa, il sapere è un qualcosa che è bello condividere. Stiamo parlando di Anna Turcato, un personaggio complesso e interessante, uno di quelli per cui non basta qualche scambio di battute per capirlo e spiegarlo, ma che vale ugualmente la pena conoscere.

Caschetto nero corvino, occhi dolci e attenti, Anna è un po’ Amélie Poulain e un po’ Wonder Woman, da cui ha preso rispettivamente quel fascino squisitamente vintage e delicatamente parigino, più quel cipiglio tipico della supereroina. Il suo superpotere? Capire le persone e aiutarle a sentirsi a proprio agio con il proprio corpo, nonché bellissime nei propri panni.

Blogo ha intervistato Anna Turcato per voi, per farsi raccontare la sua vita e i dettagli della sua professione, senza dimenticare di chiederle qualche consiglio di stile. Se volete conoscerla meglio, potete trovare tutto sul suo sito ufficiale annaturcato.com, dove è possibile leggere i suoi articoli, guardare i suoi video, avere info sulle sue consulenze e sui suoi corsi di formazione in giro per l’Italia. Intanto buona lettura.

[img src=”https://media.fashionblog.it/0/02e/anna-turcato-foto.jpg” alt=”Anna Turcato foto” align=”center” size=”large” id=”586759″]

Una domanda per rompere subito il ghiaccio. Cosa fa una consulente d’immagine e style strategist come te e in cosa differisce la tua figura (se differisce) da quella della personal shopper?

La consulente d’immagine, per come intendo io questa professione, aiuta le persone a raccontarsi e a volersi bene attraverso le proprie scelte di abbigliamento. Lo stile è un fatto estetico ma è anche un fatto di consapevolezza. Trovare gli abiti e gli accessori che si adattano al nostro modo di essere e ci permettono di mettere in luce la nostra bellezza più unica e autentica aiuta anche a maturare un rapporto più profondo con noi stessi. La personal shopper accompagna il cliente a fare shopping ma questa attività può risultare sterile se prima non c’è uno studio completo della persona che si ha davanti. Faccio un esempio: se anche io ti accompagnassi a fare shopping e comprassimo insieme una gonna plissettata che io, osservandoti, ritengo adatta al tuo fisico siamo poi sicure che la metteresti? O, se non facesse parte di te e non si adattasse alla tua personalità, non finiresti invece per lasciarla in armadio?

Com’è nata la passione per il mondo della moda e come sei arrivata ad essere una image consultant?

Direi che questo lavoro è nel mio DNA, non a caso da bambina il mio gioco preferito era “Gira la Moda”, te lo ricordi? Mi ha sempre affascinato la possibilità di colorare e adornare il proprio aspetto per renderlo più somigliante a sé. Così nel tempo la moda è diventata una grande amica, ho imparato in prima persona che i vestiti sono i nostri alleati per valorizzarci attraverso le loro forme, i loro colori e gli abbinamenti. Poi quando ho iniziato a studiarla seriamente, ho capito che la moda, oltre ad essere uno strumento di comunicazione molto potente, ti permette di comprendere anche i cambiamenti storici e sociali.

Spiegami meglio quest’ultimo punto, che mi sembra molto interessante.

Ti faccio un esempio: la mia tesi di laurea all’Università ha avuto come argomento il cappello nella moda tra le due guerre. Ogni dettaglio, ogni guarnizione raccontava quel periodo e come si stava evolvendo una donna, sempre più libera e in bilico tra il pudore e la voglia di attenzione. Adesso, da ormai 5 anni, Storia della Moda la insegno all’Istituto Europeo di Design/ IED ed è una grande opportunità per me quella di poter trasmettere la mia passione alle nuove generazioni. Prima di fare questo lavoro, sempre seguendo la mia passione, ho lavorato in aziende moda come buyer e stylist, fino a che nel 2012, dopo un serio incidente stradale, ho deciso di realizzare il mio sogno di fare la consulente d’immagine, lasciando il “famoso” tempo indeterminato per mettermi in proprio. E sono felice di dire che con costanza, impegno e determinazione, ci sono riuscita.

Sfogliando il tuo sito si capisce che il tuo, più che un lavoro, è una vera e propria missione, quella di far sentire le persone belle nella propria pelle e nei propri abiti, corretto?

È vero, è proprio una missione e il motivo è che non mi sento diversa dalle persone che si affidano a me: anche io ho fatto fatica ad accettare la mia immagine e il mio corpo e proprio le mie smagliature mi hanno permesso di diventare una buona consulente d’immagine, mettendomi sempre nei panni della persona di cui mi occupo e aiutandola a svelarsi con un approccio che definirei maieutico.

Come si raggiunge questo obiettivo e quali sono gli step intermedi? Conosci il tuo cliente, poi cosa succede?

Di solito funziona così: il cliente mi contatta via mail e io rispondo inviando un questionario conoscitivo che mi consente di capire quale potrebbe essere il percorso più adatto alla sua personalità e alle sue esigenze. Da lì il lavoro può essere svolto dal vivo, partendo dall’analisi del guardaroba o focalizzandoci sulla formazione allo shopping (se per esempio il cliente ha fatto “piazza pulita” nell’armadio dopo aver letto Marie Kondo). Il nostro rapporto però può avvenire anche tutto a distanza con la visione di alcune foto da parte mia e un lavoro di analisi sulla base del questionario e/o di alcuni incontri via Skype. In ogni caso quello che offro è un vero e proprio percorso di formazione personalizzato in cui il cliente, grazie al lavoro fatto insieme, impara a raccontare il meglio di sé (dal fisico alla personalità) attraverso l’immagine, dalla vita privata a quella lavorativa e questo apprendimento rimane anche una volta concluso il lavoro insieme. Alla fine di ogni percorso c’è sempre un periodo di “follow-up” da parte mia, che mi consente di toccare con mano i progressi del cliente, aiutandolo a metabolizzare e mettere in pratica i miei consigli.

Chi si rivolge solitamente ad Anna Turcato, chi sono le persone che chiedono il tuo aiuto? Solo donne o c’è anche qualche uomo?

Per un pregiudizio di genere sono le donne a rivolgersi maggiormente alla mia figura, ma mi capita spesso di lavorare anche con gli uomini. Ho notato però una particolarità: mentre le donne sono più propense al confronto di gruppo e, oltre alle consulenze, amano partecipare ai miei corsi live, gli uomini prediligono un rapporto “uno a uno”. Inoltre, se le donne considerano il lavoro sulla loro immagine, un importante tassello in un percorso di conoscenza di sé più ampio e che coinvolge tutte le sfere della loro vita (es. “a 40anni ho voglia di capire chi sono e come vestire la mia bellezza e la mia personalità”), gli uomini si focalizzano maggiormente su un risultato comunicativo professionale (es. “ho avuto una promozione o sto cambiando lavoro e vorrei adeguare il mio stile”).

La moda ci ha abituato ad un’ideale di bellezza di un certo tipo, figure difficili da raggiungere con cui facciamo i conti ogni giorno. Come si comporta una consulente di immagine difronte ad un cliente che non si piace?

Il rapporto delle donne con il proprio corpo è un tema che affronto quotidianamente. D’altra parte solo il 4% di noi si vede bella quando si guarda allo specchio. E uno degli obiettivi del mio lavoro è proprio quello di aiutare le donne a sentirsi bene nella propria pelle. A guardarsi allo specchio e riconoscersi nella propria immagine riflessa, accettando la bellezza di quello che vedono. Anche per il motivo che tu stessa hai accennato, piacersi non è mai facile e, per questo, una delle parole chiave per me è clemenza. Se non impariamo ad essere clementi con noi stessi e gli altri, non ci sentiremo mai davvero a nostro agio nei nostri panni.

Puoi spiegarci meglio questo passaggio?

Diventare clementi verso noi stessi significa capire che proprio le nostre differenze e le nostre peculiarità, fisiche e personali, ci consentono di fare la differenza. La perfezione non esiste e il compito del consulente d’immagine non è di guidare il cliente ad assomigliare a un ideale irrealizzabile ma quello di accompagnarlo a svelare la propria unicità. I colori possono aiutare in questo percorso perché, come dico sempre, colore batte forma. Se una tinta rende il nostro viso più luminoso e si accorda alle nostre parole, si nota quello piuttosto che una gonna che non cade perfettamente sul fianco morbido. Osservarsi e vedersi luminose: questa è la prima chiave per l’accettazione del sé. Subito dopo la clemenza viene la consapevolezza e si finisce con lo scoprire che quelle francesi, che ci sembrano “stilose” qualsiasi cosa si mettano, non sono più belle di noi, non hanno abiti migliori dei nostri, “semplicemente” sanno chi sono e si vestono per raccontarlo.

Tu ormai hai acquisito una certa esperienza nel tuo campo. Puoi dirci come cambia la percezione di sé stessi e del proprio corpo quando si indossa l’abito giusto?

Cambia tutto e cambia nel momento in cui si comprende che i nostri vestiti non sono dei nemici che ogni mattina non sappiamo scegliere. E non sono nemmeno una corazza che ci permette di nasconderci e, nel dubbio, passare inosservate. Cambia quando invertiamo il punto di vista e impariamo che gli abiti e gli accessori che ci accompagneranno in ogni giornata, possono diventare i nostri alleati per andare a testa alta nel mondo, spiegando chi siamo e illuminando il bello che c’è in noi. Cambia quando avvicinarsi al nostro armadio e decidere che cosa indossare tra i capi che possediamo, non è più un momento di tortura ma un’occasione di libertà e affermazione. Cambia quando capiamo che ogni giorno noi abbiamo la possibilità di fare una scelta e che questa scelta è un’opportunità per ricordarci chi siamo e dove vogliamo arrivare. Cambia quando indossiamo quel paio di pantaloni e a quella giacca con fierezza perché non vediamo più dei “ripieghi” ma dei capi da cui desideriamo farci accompagnare nella nostra giornata e con cui ci immaginiamo sorridere, mentre camminiamo spedite verso il nostro posto di lavoro. Cambia quando capiamo che vestirsi è progetto di felicità e che farlo è a portata di mano, anzi di armadio. Cambia quando smettiamo di rincorrere l’outfit perfetto ma iniziamo a vestirci per somigliarci.

Hai qualche aneddoto che ti piacerebbe raccontarci a proposito del tuo lavoro?

Avrei tantissimi aneddoti da raccontare e nelle mia mente ora scorrono i volti e i sorrisi delle centinaia, direi quasi migliaia, di donne che ho incontrato e conosciuto durante le consulenze, i corsi e gli eventi. Quello che accomuna tutte le esperienze però è lo stupore. Il loro nel riconoscersi nei loro panni, ma anche il mio nel vederle evolvere, osservando come tutto quello che prima le limitava e impediva loro di sorridersi allo specchio, si scioglie come neve al sole quando capiscono chi sono e iniziano a vestirsi con gioia e luce. Io ogni giorno combatto un pregiudizio sul mio lavoro: occuparsi della propria e altrui immagine viene ancora considerato qualcosa di frivolo e accessorio (anche se ognuno di noi, a meno che non viva in un campo nudista, deve vestirsi). Tuttavia, per esperienza diretta posso dirti che l’immagine è tutt’altro che qualcosa di frivolo: scegliere con cura e attenzione gli abiti e gli accessori che indosseremo, che metteremo sopra al nostro corpo come una seconda pelle, significa prendersi cura di noi e questo aiuta a stare meglio anche in situazioni difficili come la malattia. Penso per esempio a una mia cliente che dopo un lungo percorso di chemioterapia, fortunatamente riuscito, ha scoperto nella cura della propria immagine lo strumento per ritrovare una femminilità perduta e la voglia di riprendere a bere la vita a grandi sorsi.

Anna, sappiamo che sei la paladina dell’introspezione cromatica, ci puoi spiegare di che cosa si tratta?

L’introspezione cromatica è il nome che ho dato al mio modo di aiutare le persone a scoprire i colori più adatti per illuminare la loro bellezza e raccontare la loro personalità. In realtà questa definizione è stata coniata da una mia corsista, che durante la “prova” ha sperimentato un vero e proprio percorso d’introspezione. Si tratta di un’analisi cromatica condotta con i drappi di diverse sfumature da avvicinare al volto della persona per capire quali sono le tonalità più adatte per far risaltare il suo incarnato. I colori, però, non sono solo uno strumento per farci diventare “più belli”, ma ci permettono anche di spiegare qualcosa di noi, nella nostra personalità e anche dei nostri desideri professionali. Ecco allora che io abbino il lato estetico a quello comunicativo, andando ad individuare le tinte e gli abbinamenti cromatici più adatti per le proprie caratteristiche personali di immagine e personalità. Alla fine della prova il cliente o il corsista ha davanti a sé una palette di colori, unica e personale, che staranno sempre bene tra loro, che lo identificheranno a pieno e con cui potrà sperimentare e risplendere.

Parlando di colori, ma se una persona ama una nuance, tipo il marrone, che non si è rivelata adeguata per la propria palette?

In primo luogo non esiste un colore che non sta bene, si tratta solo di individuare le sfumature più donanti: quindi cercheremo insieme il tono di marrone più intonato. E poi oltre che dell’introspezione cromatica io sono una paladina anche del magico potere degli abbinamenti e quindi se anche un colore non è proprio il più adatto per te dal punto di vista cromatico, ma si intona ad una parte della tua personalità, ci sarà sempre un modo di combinarlo con una delle sfumature della tua palette in modo tale da renderlo comunque donante (per esempio abbinando il marrone con il magenta o con l’azzurro chiaro, a seconda dei casi).

E il nero?

Se è vero che ogni colore ci permette di comunicare qualcosa di noi fin dalla prima impressione, è anche vero che il nero non dice nulla (obbligandoci a parlare). Comprendo che non esporsi può essere considerato rassicurante ma non è mica detto che per “comunicarsi con i colori” si debba uscire per forza vestiti come un semaforo. Una collana colorata per esempio di giallo o di blu elettrico darà un tono particolare ad un look total black e permetterà di spiegare una parte della propria personalità con un solo accessorio, senza uscire troppo fuori dalla zona di confort.

Parliamo di shopping. Siamo in pieno periodo di saldi estivi e nessuno meglio di te può darci qualche dritta in proposito. Dicci qualche pezzo irrinunciabile tra abbigliamento, scarpe e accessori che dovremmo proprio acquistare

Inizio con il dire che non esistono “scelte irrinunciabili” valide per tutti. Quello che si intona al racconto per immagini di una persona non è detto che sia adatto anche ad un’altra. Per completare la mia formazione, dopo essermi laureata in Scienze della Comunicazione, io ho fatto un master come Cool Hunter (ricercatore di tendenze) nel settore moda e quindi l’argomento mi piace. Credo però che le tendenze non debbano essere considerate diktat da seguire ad occhi chiusi ma “correnti” da osservare per capire “dove andrà il mondo”. Non è un caso, per esempio che in questo periodo di crisi si cerchino gli eccessi e si passi dal minimalismo alle tinte accese e i capi over. Posso dirti però quali capi ritroveremo anche nella prossima stagione: cappelli a larga tesa, sfumature pop, accessori grandi, animalier, tailleur pantalone colorati. E se vuoi un consiglio da vera cool hunter: tieni d’occhio il marrone!

Si può elaborare un bell’outfit se abbiamo un budget ridotto per gli acquisti?

Certamente! Lo stile giusto per noi non è una questione di costo ma di racconto. Se io indosserò abiti che parlano di me e ne curerò le combinazioni e gli abbinamenti risulterò sempre raffinata. E molto più elegante rispetto che con addosso un capo costosissimo ma che non ha nulla a che fare con la mia personalità o non si intona alla mia bellezza, nei suoi colori e le sue forme.

L’arancio corallo, eletto da Pantone come colore dell’anno, è la tendenza del momento. Come possiamo inserire questa nuance così brillante nel nostro look senza apparire eccessive?

Amo molto questa sfumatura, tanto da averla scelta come colore del mio brand ormai 5 anni fa. Si tratta di un colore empirico ed ottimista che mi piace perché parla molto bene del mio carattere femminile ed energico e che si intona al mio approccio professionale accogliente e positivo. Come spiego durante miei corsi e le mie consulenze ogni colore ci permette di comunicare qualcosa e di farlo a partire dai primi momenti di conoscenza, trasmettendo valori, anche professionali, ed emozioni. Il Living Coral per esempio ti aiuterà a raccontare, ancora prima di aprire bocca e a prova di timidezza, la voglia di metterti nei panni degli altri e di trovare sempre una soluzione costruttiva. Indossando il Living Coral sorriderai con il tuo stile alle persone che incontrerai sulla tua strada e ti sentirai anche più spensierata. Si tratta quindi, per rispondere alla tua domanda, della scelta migliore per dare un tocco di luce al proprio stile. E poi ho una domanda per te: eccessivo rispetto a chi? Perché la scelta di dare colore al proprio stile dovrebbe essere considerata un eccesso invece che una possibilità di comunicare qualcosa di sé in modo autentico? Desideri mantenere uno stile sobrio? Ti basterà combinare il corallo a tonalità più neutre come il beige o il grigio e ti sentirai a tuo agio anche al lavoro.

(Da amante delle nuance crepuscolari posso dire solo “touché”). Anna, grazie del tuo tempo. Ci sveli qualche tuo progetto per il futuro?

Mi piacerebbe continuare così e far evolvere sempre di più il mio business. Ci saranno sicuramente altri video corsi oltre a Fiorisco. E poi, siccome mi sono troppo divertita a scrivere il mio e-book “Le Ragazze Rivoluzionarie della Moda”, nei miei desideri c’è sicuramente anche un libro.

Foto | Anna Turcato

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