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Crollo Rana Plaza in Bangladesh, su Benetton l’ombra del lavoro sfruttato

Campagna Abiti Puliti lancia il j’accuse contro l’azienda veneta: nel palazzo crollato in Bangladesh lavoratori-schiavi che confezionavano capi Benetton.

Tra le macerie del crollo del palazzo Rana Plaza, l’edificio di otto piani crollato lo scorso 24 aprile a Savar, sobborgo di Dhaka in Bangladesh, sono state ritrovate capi di abbigliamento etichettati United Color Of Benetton. È la Campagna Abiti Puliti a lanciare il j’accuse contro l’azienda veneta: nel palazzo sarebbero state impiegate forze lavoro sottopagate per produrre abiti per il mercato occidentale. Le prove sono date da alcune immagini scattate dal fotografo dell’agenzia AP Kevin Frayer e dalla copia di un ordine, come si legge sul sito ufficiale:

La Campagna Abiti Puliti, inoltre, è in possesso di una copia di un ordine (link) di acquisto da parte di Benetton per capi prodotti dalla New Wave, una delle fabbriche del Rana Plaza, che annovera sul suo sito web anche l’azienda italiana tra i suoi clienti

Campagna Abiti Puliti è un’associazione internazionale che opera dal 1989 affinché vengano rispettati in tutto il mondo i diritti fondamentali dei lavoratori. E i colossi della moda sono, ahimè, troppo spesso coinvolti nello sfruttamento del lavoro sottopagato: come ben sappiamo, la tendenza delle aziende è quella di spostare la produzione in paesi quali la Cina e il Bangladesh, dove il costo della manodopera è inferiore. Al momento, le altre denunce a riguardo coinvolgono marchi come Mango e Primark, ma non solo:

Sul loro sito web, le aziende elencano tra i loro clienti altrettanti noti brand, tra cui C&A, KIK e Wal-Mart, già noti alle cronache per l’incendio nella fabbrica bengalese Tazreen, dove 112 lavoratori sono morti esattamente cinque mesi fa, e, per quanto riguarda la tedesca KIK, per l’incendio della pakistana Ali Enterprises, dove quasi 300 lavoratori sono morti lo scorso settembre.

La richiesta da parte di Campagna Abiti Puliti è quella di un’assunzione di responsabilità immediata, come ha dichiarato Deborah Lucchetti, coordinatrice della Campagna Abiti Puliti:

La gravità della situazione richiede un’assunzione di responsabilità immediata da parte dei marchi internazionali coinvolti, del governo e degli industriali bengalesi, che devono porre fine per sempre a tragedie come questa, l’ennesima per totale negligenza del sistema imprenditoriale internazionale. Aziende importanti come la Benetton hanno la responsabilità di accertare a quali condizioni vengono prodotti i loro capi e di intervenire adeguatamente e preventivamente per garantire salute e sicurezza nelle fabbriche da cui si riforniscono.

Da parte di Benetton, nel frattempo, è arrivata una secca smentita riguardo ad un ipotetico coinvolgimento di forza lavoro bengalese:

Riguardo alle tragiche notizie che provengono dal Bangladesh, Benetton Group si trova costretta a precisare che, contrariamente a quanto indicato in alcuni lanci di agenzie di stampa italiane e internazionali e siti web, i laboratori coinvolti nel crollo del palazzo di Dacca non collaborano in alcun modo con i marchi del gruppo Benetton.

Via | Polisblog
Foto | Getty Images

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