
Età e livello di felicità secondo la scienza - fashionblog.it
Secondo la scienza sentirsi tristi e stanchi dipende dall’età: ce n’è una specifica in cui il livello di felicità sarebbe più basso.
La psicologia e le scienze sociali confermano che esiste un’età in cui la felicità raggiunge il suo punto più basso, un momento cruciale nella vita di molti individui che coincide con la metà degli anni quaranta. Secondo un’analisi approfondita del National Bureau of Economic Research (NBER), istituzione di spicco a livello globale, la curva della felicità segue una forma a “U”, con un picco iniziale verso i 18 anni, una discesa fino a circa i 47 anni e una risalita dopo i 50.
Il punto più basso della felicità: i 47 anni e la “valle emotiva”
Il dato più significativo indica che a 47,2 anni il benessere psicologico tocca il minimo storico, con un calo stimato tra il 5% e il 10% rispetto agli altri momenti della vita. Questo fenomeno, definito dagli esperti come una “valle emotiva”, si manifesta in modo particolarmente intenso durante la piena maturità, quando le responsabilità familiari, lavorative e personali si sommano, e le aspettative spesso non si sono concretizzate come si sperava.
Gli appartenenti alla Generazione X, ossia coloro nati tra il 1965 e il 1980, sperimentano con maggiore evidenza questo calo di soddisfazione personale. Non si tratta solamente di stress legato al lavoro o alla genitorialità, ma di un momento esistenziale in cui emergono domande profonde: “Chi sono diventato? Ho raggiunto i miei obiettivi? Dove sto andando?”.

Uno degli aspetti più affascinanti di questa ricerca è che la curva della felicità a forma di “U” si riscontra in oltre 70 paesi, sia occidentali che con culture molto diverse tra loro, dall’Australia al Giappone, passando per Germania e Canada. Questo suggerisce che la crisi di mezza età non sia un semplice stereotipo, ma un fenomeno psicologico radicato nel percorso evolutivo e sociale dell’essere umano, senza barriere culturali.
Tale universalità rafforza l’idea che questo calo non sia dovuto esclusivamente a fattori esterni come condizioni economiche o sociali, ma che rappresenti una tappa quasi obbligata del ciclo di vita, caratterizzata da un confronto interiore e da una rivalutazione di sé.
L’ascesa della felicità dopo i 50 anni: un nuovo equilibrio
La buona notizia è che dopo i 50 anni la curva della felicità inizia a risalire, con un picco ancora più marcato nella decade dei 60. Le persone in questa fase riferiscono un aumento della pace interiore, una diminuzione delle ansie legate al confronto sociale e una maggiore accettazione di sé. Secondo David Blanchflower, economista del Dartmouth College e autore dello studio, questa inversione di tendenza potrebbe essere legata a un cambiamento nelle priorità: si valorizzano maggiormente il tempo, le relazioni autentiche, la salute e le piccole gioie quotidiane.
Il passaggio oltre la mezza età rappresenta quindi una rinascita emotiva, in cui si abbandonano aspettative irrealistiche e la necessità di conferme esterne, aprendo la strada a una felicità più autentica e duratura.
Con il passare degli anni, molti esponenti della Generazione X e non solo, acquisiscono una maggiore capacità di apprezzare ciò che si ha, di riscoprire la propria autonomia e di affrontare le difficoltà con maggiore resilienza. Il ritorno a una felicità autentica dopo i 50 anni è spesso accompagnato da una maggiore gratitudine, da un distacco dalle pressioni sociali e da un desiderio rinnovato di godersi la vita.
Come sottolinea l’analisi di David Blanchflower, la “curva della felicità” riflette un equilibrio dinamico tra le sfide della vita e la capacità di adattamento, e invita a non considerare la mezza età come un punto di crisi definitiva, ma come una fase di trasformazione personale e sociale.