
Da Kiko a Sephora: quali trucchi contengono sostanze dannose? - fashionblog.it
Un’indagine di Greenpeace ha rivelato che la maggior parte dei prodotti makeup venduti in Italia contiene ingredienti plastici: dalle microplastiche solide ai polimeri liquidi.
Una delle crisi ambientali più rilevanti del nostro tempo riguarda l’inquinamento da plastica, un problema che interessa ormai ogni ecosistema del pianeta. Greenpeace ha recentemente diffuso un rapporto dal titolo “Il trucco c’è, ma non si vede: lo sporco inganno delle aziende makeup”, in cui mette in luce la diffusione delle microplastiche nei prodotti cosmetici e la carenza di regolamentazioni efficaci in grado di limitarne l’uso. L’indagine ha coinvolto alcuni dei principali marchi presenti sul mercato italiano, portando alla luce dati che confermano la presenza diffusa di ingredienti plastici in rossetti, fondotinta, mascara e altri articoli di largo consumo.
Cosa sono le microplastiche e perché rappresentano un pericolo
Le microplastiche sono particelle solide e insolubili di plastica con dimensioni inferiori ai 5 millimetri. Possono essere di tipo primario, quando vengono prodotte appositamente in forma di granuli, fibre o sfere per essere introdotte in prodotti specifici, oppure di tipo secondario, quando derivano dalla frammentazione di oggetti plastici più grandi.

Secondo Greenpeace, una parte consistente delle microplastiche primarie si trova all’interno di cosmetici, detergenti, vernici e fertilizzanti agricoli. Una volta disperse nell’ambiente, queste particelle finiscono in mare, nei terreni agricoli, nell’acqua potabile e persino negli alimenti. Studi recenti hanno documentato la loro presenza in pesci, crostacei, ma anche in frutta e verdura, sollevando dubbi sui possibili rischi per la salute umana.
Il problema principale è la difficoltà di rimuoverle: a causa delle dimensioni microscopiche, una volta disperse restano nell’ambiente per decenni. L’unico modo efficace per fermarne la diffusione è ridurne drasticamente la produzione e sostituirle con alternative di origine naturale, già disponibili sul mercato. Nonostante ciò, molte aziende sfruttano i vuoti normativi per continuare a impiegarle. Nel settore del makeup, queste sostanze vengono utilizzate per ottenere effetti specifici: aumentare la viscosità di un prodotto, rendere la pelle più liscia, creare brillantezza o opacità, favorire l’azione filmogena e, in alcuni casi, rilasciare fragranze o principi attivi.
I dati del report e i marchi coinvolti
L’indagine di Greenpeace ha analizzato 672 prodotti di makeup di 11 marchi distribuiti in Italia, tra cui Bionike, Deborah, Kiko, Lancôme, Lush, Maybelline, Nyx, Pupa, Purobio, Sephora e Wycon.
Dall’analisi delle liste ingredienti è emerso che il 79% dei prodotti contiene componenti plastici. Di questi, il 38% presenta microplastiche solide, mentre la restante parte contiene polimeri liquidi, semisolidi o solubili. Le categorie con le percentuali più elevate sono risultate: mascara (90%), rossetti e lucidalabbra (85%), fondotinta (74%), illuminanti (69%) e ciprie (43%).
Cinque marchi in particolare mostrano valori molto alti di prodotti con plastica: Lush (99%), Maybelline (85%), Deborah (84%), Sephora (83%) e Wycon (78%). L’azienda Lush, secondo Greenpeace, raggiunge quasi il 100% a causa della presenza di un unico ingrediente, il Polyvinylpyrrolidone (PVP), una plastica liquida che altre aziende hanno già sostituito.
Le analisi di laboratorio hanno confermato la presenza di microplastiche solide in 10 prodotti su 14 testati: Polietilene in 6 articoli, tra cui illuminanti, rossetti e mascara; Polymethyl methacrylate in un illuminante e un fondotinta; Polyamide/Nylon-12 in due ciprie; Polietilene tereftalato in un mascara. Un solo prodotto – il fondotinta Sublime drop foundation di Purobio – è risultato completamente privo di microplastiche.
Greenpeace sottolinea che, per i polimeri liquidi e solubili, non esistono ancora metodologie analitiche capaci di identificarli con precisione, perciò la ricerca si è concentrata soprattutto sulle particelle solide. La normativa italiana, in vigore dal 1° gennaio 2020, vieta la commercializzazione di cosmetici da risciacquo esfolianti o detergenti contenenti microplastiche. Una legge che ha collocato l’Italia tra i Paesi più avanzati sul tema, ma che lascia fuori la maggior parte delle categorie cosmetiche e non prende in considerazione le plastiche in forma liquida o solubile.
L’organizzazione ambientalista ribadisce quindi la necessità di un divieto europeo che copra tutti i prodotti e tutte le forme di plastica, sollecitando le aziende del settore a eliminare sostanze facilmente sostituibili con ingredienti naturali come amido, gomma di guar, alginati e polisaccaridi. Il rapporto rappresenta un campanello d’allarme non solo per l’ambiente, ma anche per i consumatori che ogni giorno utilizzano prodotti contenenti componenti plastici invisibili.