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Nel mercato della moda online, il fenomeno dei resi fraudolenti non riguarda solo il consumatore finale.
Sempre più spesso, anche nel mondo B2B, soprattutto nel settore dell’abbigliamento all’ingrosso, si registrano casi di aziende che acquistano merce con l’obiettivo di utilizzarla temporaneamente – per shooting fotografici, vetrine o showroom – per poi restituirla come se nulla fosse.
Tra i player che operano nel mercato B2B della moda e che si trovano ad affrontare dinamiche complesse legate alla gestione dei resi c’è anche Tenaxia, ingrosso di abbigliamento firmato online. La piattaforma, rivolta esclusivamente a rivenditori e professionisti del settore, tratta capi delle migliori griffe internazionali e si impegna ogni giorno a tutelare il valore della merce e la correttezza delle transazioni, anche attraverso politiche mirate contro abusi o comportamenti scorretti da parte degli acquirenti.
Un danno crescente per il business
Anche se può sembrare marginale, il fenomeno ha un impatto economico serio per i venditori: la merce restituita non può più essere rivenduta come nuova, la logistica genera costi extra e i flussi di magazzino si complicano. In un contesto dove il margine commerciale è spesso ridotto, anche piccoli abusi possono tradursi in perdite importanti.
Molte aziende stanno rivedendo le proprie politiche di reso, cercando un equilibrio tra flessibilità e protezione dal rischio di frodi. In particolare nel B2B, dove le transazioni sono di maggior valore e in volumi consistenti, la gestione dei resi deve essere ancora più attenta.
Quando anche i grandi brand reagiscono
Un esempio emblematico dell’impatto dei resi fraudolenti arriva da Diesel, noto marchio italiano che nel 2019 decise di affrontare il problema con uno spot dal tono ironico ma diretto: “Enjoy before returning”. Nel video, diversi acquirenti indossano capi con le etichette ancora attaccate, li usano e li riconfezionano con cura, pronti a restituirli.
Anche se pensato per il pubblico consumer, il messaggio ha risuonato anche tra i professionisti del settore: il problema è reale, e non riguarda solo chi acquista per uso personale.

Wardrobing nel B2B? Una pratica meno visibile, ma ancora più pericolosa
Il termine “wardrobing”, coniato a livello internazionale, descrive la pratica di acquistare capi per usarli una sola volta (per esempio per un evento, uno shooting o una fiera) e poi restituirli. Mentre nel B2C questo fenomeno ha già numeri preoccupanti, nel B2B si pone in modo ancora più critico:
- Nel 2022, secondo un report della National Retail Federation e Appriss Retail, il 10,7 % del valore dei resi online — pari a circa 22,8 miliardi di dollari — è imputato a resi fraudolenti, con il wardrobing tra le forme più comuni (fonte: https://sizebay.com/en/blog/wardrobing).
- Una recente inchiesta rivela che il 69 % dei clienti e‑commerce ha ammesso di praticare il wardrobing, con una crescita del 38 % nel 2024 .
- I venditori stimano che oltre un terzo (36 %) dei capi restituiti presentino segni visibili d’uso (macchie, odori), e un altro 35 % risulta così deteriorato da non poter essere rilanciato sul mercato .
Nel contesto B2B questi numeri si amplificano: non solo i quantitativi sono superiori, ma i capi hanno spesso un valore unitario più elevato e fanno parte di stock stagionali o a tiratura limitata. È evidente come questa forma di abuso metta a rischio non solo i margini economici, ma anche la coesione delle relazioni tra fornitore e rivenditore, con potenziali danni alla reputazione.
Prevenzione e controllo: la chiave per il futuro del fashion B2B
Per contrastare il fenomeno, serve investire in strumenti digitali, politiche contrattuali più rigorose e un monitoraggio continuo dei comportamenti d’acquisto. I marketplace e gli e-commerce B2B come Tenaxia stanno già implementando soluzioni di questo tipo, per tutelare la propria rete di clienti seri e consolidare un commercio più trasparente e sostenibile.
Nel mondo della moda professionale, ogni ritorno non giustificato non è solo una perdita economica, ma anche una frattura nella relazione commerciale. È tempo di affrontare i resi fraudolenti anche nel B2B con la stessa attenzione – e determinazione – che si riserva al mercato consumer.