
Polemica legata a Shein (www.fashionblog.it)
Shein è nuovamente al centro di un acceso dibattito in Europa per l’impiego di pratiche commerciali giudicate ingannevoli.
Shein, la nota piattaforma cinese di moda low cost, è nuovamente al centro di un acceso dibattito in Europa per l’impiego di pratiche commerciali giudicate ingannevoli da numerose associazioni di consumatori. Il BEUC (Organizzazione europea dei consumatori) insieme ad altre 25 realtà associative, tra cui Altroconsumo, ha formalmente denunciato le strategie adottate da Shein, accusate di incentivare acquisti compulsivi attraverso l’utilizzo di tecniche note come “dark pattern”.
Le accuse del BEUC: pratiche ingannevoli e acquisti forzati
Secondo il BEUC e le associazioni coinvolte, le modalità con cui Shein struttura la sua piattaforma digitale inducono i consumatori a compiere acquisti non pianificati, sfruttando meccanismi psicologici e di design che risultano difficilmente riconoscibili da parte dell’utente medio. Queste tecniche, già oggetto di attenzione da parte della Commissione europea, comprendono falsi countdown, messaggi che simulano una scarsità artificiale dei prodotti e il cosiddetto “confirm shaming”, ovvero messaggi progettati per far sentire il cliente in colpa nel momento in cui decide di rinunciare all’acquisto.

La denuncia si basa su indagini recenti svolte da gruppi di consumatori in tutta Europa che evidenziano come tali pratiche generino spese involontarie e compulsive, con conseguenti perdite economiche per gli utenti e un aumento degli impatti ambientali e sociali legati alla fast fashion. L’abuso di modelli oscuri di vendita, come sconti fittizi e scadenze di acquisto false, è stato già oggetto di indagine da parte della Commissione europea nei primi mesi del 2025, che aveva sollecitato Shein a conformarsi alle normative UE sulla tutela dei consumatori.
Il termine dark pattern è stato coniato dallo user experience designer Harry Brignull e indica quegli elementi di design digitale studiati per manipolare l’utente finale inducendolo a compiere azioni non desiderate. Si tratta di strategie che rendono difficoltosa l’esecuzione di scelte opposte a quelle volute dal venditore o che nascondono informazioni rilevanti, come il consenso al trattamento dei dati personali.
Il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP) definisce tali tecniche come “modelli di progettazione ingannevoli” che compromettono la capacità degli utenti di tutelare la propria privacy. Nel febbraio 2023, il Comitato europeo per la protezione dati (EDPB) ha pubblicato delle linee guida per riconoscere e contrastare queste pratiche, fornendo indicazioni sia agli utenti che ai gestori di piattaforme digitali.
L’utilizzo di dark pattern non si limita solo a questioni di privacy, ma ha ripercussioni significative anche sul piano economico e ambientale. Le associazioni sottolineano come queste strategie spingano al sovraconsumo, aggravando problemi legati all’inquinamento e all’utilizzo di sostanze chimiche nocive nei capi di abbigliamento prodotti dalla fast fashion. La facilità con cui gli utenti vengono indotti a comprare di più, spesso senza reale necessità, rappresenta un danno non solo economico ma anche sociale e ambientale, ostacolando gli sforzi verso una transizione ecologica responsabile.